Famiglia e territorio: i fondamenti dell’identità italiana
L’identità italiana, così come si è tratteggiata a partire dagli anni ’50 e’60, è fondata su due valori chiave: la famiglia e il territorio. Nel primo caso ci si rifà ad un’idea di famiglia, non solo in senso stretto, ma estendendo il ragionamento a tutto ciò che può essere gestito come una famiglia: sia essa un’impresa, una città o l’intero Paese. Il tratto distintivo della famiglia è la creazione di una piccola comunità. È al suo interno che sono valutati i talenti e ciascuno è premiato o punito secondo le sue capacità. La famiglia divide il reddito, ma anche le paure, le preoccupazioni, oltre che le speranze. Se si fa impresa, si fonda sulla famiglia, se c’è da costruire una casa, i soldi si cercano prima in famiglia, poi in banca. E la logica familiare (essere una famiglia, non lasciare nessuno indietro, crescere insieme) è utilizzata anche sul piano dell’amministrazione pubblica.
Il secondo valore chiave dell’identità italiana è il territorio. Può sembrare riduttivo assumere un riferimento fisico come elemento forte di uno status identitario, ma nell’esperienza del nostro Paese questa è una concezione largamente presente e condivisa. Negli Stati Uniti è norma cambiare residenza, ci si muove dove le opportunità sembrano migliori e perciò non c’è un particolare culto del territorio, se non del quartiere dove si vive (temporaneamente). Da noi il territorio è un riferimento, crea identità personale. Molti non si possono pensare lontani dal territorio dove sono nati e cresciuti; e lì, prima o poi, nel caso se ne allontanassero, intendono ritornare. Da noi, almeno fino ad oggi, più che il ricongiungimento familiare, c’è il ricongiungimento territoriale. Ed è presto per dire se le nuove generazioni, le quali iniziano a dubitare delle possibilità di un futuro lavorativo in patria, confermeranno oppure disattenderanno – come sempre più spesso si sta verificando, si veda la “fuga dei cervelli” – l’attuale tendenza generale. In ogni caso, anche se sempre più giovani scegliessero di abbandonare il nostro Paese, sarà per cercare sbocchi più appetibili e invitanti, sarà per una “non appropriata” gestione da parte dei governi italiani dei nostri più importanti capitali comuni (risorse umane, cultura e ambiente) e non per una disaffezione alla loro terra di origine.
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